martedì 18 novembre 2008

Gli anticorpi del riformatore

Marco PannellaLe “visioni” del radicale che spesso anticipa la realtà Leggi illiberali, un regime che imploderà Candidarsi come alternativa non violenta

Gli anticorpi del riformatoredi Valter Vecellio

Quasi mai generosa, la stampa italiana, nei confronti dei radicali e di Marco Pannella in particolare; la conferma si è avuta in occasione del recente congresso di Chianciano: rari gli articoli, ricchi sempre di glamour a un tanto al chilo; e la “notizia” regolarmente non colta. Dimitri Buffa prima, Alessandro Litta Modignani poi, hanno già svolto considerazioni e riflessioni su quel che si agita attorno e dentro il “mondo” radicale. Proverò a situarmi sulla loro scia. Intanto, subito, la novità non colta. Non solo a Chianciano, ma anche al successivo congresso della Destra di Francesco Storace e in numerosi interventi a “Radio Radicale”, Pannella ha elaborato una “riflessione” rimasta clandestina. Pannella sostiene che esiste una sorta di continuità tra regime fascista-mussoliniano e regime “fascista”-sfascista degli antifascisti. Una continuità fatta di leggi illiberali che contrastano con la Costituzione, e che tuttavia sono state lasciate in vita perché tornavano comunque utili contro l’avversario; di altre leggi “post-fasciste”, ma non meno illiberali e autoritarie delle fasciste; del non rispetto della legalità, della sistematica e programmatica violazione della Costituzione e della “parola data”. Non è una novità, Pannella la propone da almeno quarant’anni. C’è però una “piccola” novità. Il leader radicale infatti sostiene che questo “regime” è destinato molto probabilmente ad “implodere”, e con conseguenze non prevedibili, certamente non facilmente controllabili. Dunque, dice Pannella, occorre prepararsi, attrezzarsi per candidarsi come alternativa riformatrice non violenta. Questo è il compito del riformatore, che prefigura l’alternativa all’esistente, la prepara e si candida a un “governo” altro delle cose. Ora si può benissimo liquidare questa analisi come il “delirio” di un visionario. Ma ne siamo sicuri? L’esperienza del passato consiglia prudenza. E’ accaduto altre volte che le “follie” pannelliane si siano rivelate la cosa più saggia e più giusta. Non è la prima volta che Pannella con rabdomantica capacità coglie in anticipo scricchiolii e segnali che da più parti arrivano, e ne ricava quel “giusto senso” che poi un po’ tutti riconoscono. Ricordate quel frammento di Eraclito che dice “Se non speri l’Insperabile, non lo scoprirai, perché è chiuso alla ricerca, e ad esso non conduce nessuna strada”? C’è qualcun altro, nel mondo politico italiano, che più e come Pannella non cessa un momento di “sperare” l’insperabile e per questo lo ha potuto “scoprire”? E’ tuttavia sconcertante la quantità di luoghi comuni vomitati in questi anni. Se ne potrebbe ricavare un’antologia da far invidia al flaubertiano catalogo di Bouvard e Pécuchet. Non tanto, o solo, l’insulto. Piuttosto è la rinunzia a cercare di capire, l’avvilente limitarsi a guardare senza vedere, a parlare senza dire nulla... Quante volte hanno sostenuto che Pannella e i radicali erano finiti? Dicono che i radicali sono una setta; in cinquant’anni, non uno dei tanti che studiano la forma partito che abbia studiato lo statuto radicale, analizzato la strana “cosa” costituita a una “setta” senza probiviri; che per regola si “costringe” ad accogliere l’iscritto, senza poterlo respingere o espellere. Una “setta” che favorisce le iscrizioni plurime; una “setta” che prefigura un’organizzazione aperta, federativa; che, a differenza delle altre organizzazioni centralistiche e burocratiche (tutte fallite), sfida ogni legge di “gravità” e vive da mezzo secolo; una setta che vanta un patrimonio politico unanimemente riconosciuto unico al mondo. Dicono che Marco Pannella produce e forma classe dirigente, che poi distrugge. Ancora un luogo comune: quello di Crono che divora i suoi figli. E’ vero: Pannella ha creato e forgiato una classe politica. Sa essere esigente, rigoroso, oltre che generoso e comprensivo; essere radicali non è facile. C’è chi sa e riesce ad esserlo sempre; c’è chi lo è per un periodo della sua vita, poi sceglie altro. Sarebbe interessante realizzare una “mappatura”: ci sono una quantità di ex radicali un po’ ovunque, e l“impronta” spesso si indovina loro malgrado. Non interessa qui discutere le loro scelte, i loro percorsi. Conta piuttosto smentire il luogo comune. E’ Pannella che viene azzannato, o almeno c’è chi ci prova; anche questa incapacità di “leggere” una realtà che pure è evidente, è la cifra della situazione in cui ci si viene a trovare. La “colpa” di Pannella – di autentica colpa si tratta – è quella di esaltare il dissenso, aiutarlo ad emergere. Naturalmente quando ritiene sia il caso di farlo, lo combatte con durezza. Ma si può negare che le “fortune” di molti “ex” sono diventate tali appunto nel momento in cui hanno scelto di “dissentire”, di essere “ex”? Chi volesse ripercorrere la storia del Partito Radicale, si accorgerà che ha saputo superare molti momenti difficili perché ha respinto le tentazioni di chiusura, ha combattuto la logica del clan e ha accettato le sfide “aprendosi”, facendo esplodere contraddizioni anche al suo interno. Ogni volta che questo è accaduto e che questo processo si è realizzato, la “cosa” radicale ha trovato anche gli anticorpi che hanno consentito di superare le crisi. Questo è probabilmente il patrimonio più importante dei radicali. Ed è lezione che vale anche per l’oggi.A questo proposito può essere utile un’iniziativa ancora non valorizzata per come merita, quella per l’anagrafe degli eletti. C’è una bella pagina de “Il Giorno della civetta”, di Leonardo Sciascia; quella dove il capitano Bellodi è tentato di applicare contro il capomafia quei mezzi al di là e al di sopra della legge che applicò Cesare Mori negli anni del fascismo; tentazione momentanea, che subito respinge, per arrivare alla conclusione che bisogna piuttosto seguire la pista del denaro, dei patrimoni illeciti. E qui viene la polpa della questione: “Tutte quelle volpi, vecchie e nuove, che stanno a sprecare il loro fiuto dietro le idee politiche o le tendenze, o gli incontri dei membri più inquieti di quella Grande Famiglia che è il regime e dietro i vicini di casa della famiglia, sarebbe meglio si mettessero ad annusare intorno alle ville, le automobili fuori serie, le mogli, le amanti di certi funzionari: e confrontare quei segni di ricchezza agli stipendi, e a tirarne il giusto senso”. Il “giusto senso” che si può tirare se si ha a disposizione uno strumento di conoscenza come appunto “l’anagrafe degli eletti”. E’ insomma una risposta in “positivo”, e politica nel senso più alto, alle denunce de “La Casta” di Stella e Rizzo; degli ottimi libri sul sindacato di Liviadiotti; sulla giustizia di Ferrarella e Tinti; sui giornalisti di Lopez; sul Vaticano di Maltese, Pontesilli e Turco. Quello che si vuole garantire, è la possibilità di poter “conoscere per deliberare”, come diceva un grande liberale, Luigi Einaudi; significa garantire la possibilità di poter conoscere con facilità non solo l’attività svolta dai vari enti, ma anche quei dati inerenti l’attività degli eletti. Per dire: quante volte sono presenti e assenti; come e se lavorano; con quali metodi ed espedienti; se sono assenteisti o se votano e come votano; quali e quanti strumenti regolamentare usano. Qual è la loro situazione patrimoniale, immobiliare, finanziaria, fiscale, societaria, quali sono i loro incarichi remunerati…Si tratta, insomma, di restituire al cittadino gli strumenti di controllo e di vigilanza, di conoscenza dell’operato dei suoi rappresentanti a ogni livello, nazionale e locale. Oggi la moderna tecnologia, internet in particolare, offre gli strumenti che consentono di mettere tutti questi dati a disposizione di tutti; strumenti, informazioni che possono aiutarci a individuare i migliori, i più idonei, i più capaci, i più onesti. Non è davvero poco, e su questo “hic Rhodus”, sarebbe auspicabile e opportuno si misurassero sia il centro-destra che il centro-sinistra. Non foss’altro per cercare di limitare i danni di una possibile “implosione” che se non probabile è comunque possibile.

(L' Opionione: http://www.opinione.it/pages.php?dir=naz&act=art&edi=243&id_art=9195&aa=2008 )

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